Il “Simone della storia” e il “Pietro della fede”

pedroPe. Eduardo Caballero, EP

 

            Gli studi attuali vedono due tappe nell’immagine neotestamentaria di Simon Pietro e del suo ministero: il “Simone della Storia” e il “Pietro della Fede”.[1]

            Durante la prima tappa (il “Simone della Storia”), che si svolge durante il ministero di Gesù, l’immagine di Simon Pietro appare con quattro grandi tratti caratteristici. Simone è stato uno dei primi discepoli di Gesù ad essere chiamato, o sulla riva del Mar di Galilea insieme ad Andrea, Giacomo e Giovanni, secondo la tradizione sinottica, o nella valle del Giordano dopo Andrea e un altro discepolo, secondo la tradizione giovannea. Ha avuto anche un ruolo preminente tra i primi discepoli di Gesù, essendo frequentemente associato a Giovanni e Giacomo secondo i Sinottici, e/o al discepolo prediletto nella letteratura giovannea. In più, con tutta probabilità, fece una certa confessione messianica di Gesù, nel senso di “tu sei il Messia” nella linea di quella contenuta sostanzialmente in Mc 8,29 (= Mt 16,16 = Lc 9,20, e il suo riflesso in Gv 6,68s.), la cui autenticità è confermata dal fatto di non essere stata accettata da Gesù. Infine, è anche molto probabile che Simone non abbia capito Gesù, almeno in parte. L’invettiva di Gesù chiamandolo Satana; le sue negazioni attestano questo incompleto intendimento di Gesù da parte de Simone.

            Nella seconda tappa della sua vita (il “Pietro della Fede”), che fa parte della storia della Chiesa Primitiva, si possono individuare anche altre quattro caratteristiche salienti. Simone finì per essere conosciuto come Cefa, proba bilmente perché lo stesso Gesù gli aveva dato questo nome secondo la narrazione trasmessa in tre contesti diversi.[2] Gli fu concessa, tra i Dodici, la prima apparizioni di Gesù risorto,[3] fatto in seguito al quale Pietro fui il più importante dei Dodici in Gerusalemme e dintorni.[4] Pietro, poi, svolse un’attività missionaria soprattutto tra i giudei, ma anche tra i gentili.[5] Infine, la sua posizione teologica fu intermedia tra quella di Giacomo e quella di Paolo.[6]    Ci sono, inoltre, sei immagini di Pietro nel pensiero neotestamentario. Oltre che primo testimone di Gesù risorto, di portavoce dei Dodici e di missionario, si sviluppa l’immagine di grande pescatore-missionario (Lc 5) che deve confermare i suoi fratelli con la sua continua predicazione missionaria.[7] Emerge, inoltre, l’immagine del pastore,[8] che esercita l’autorità pastorale in virtù delle chiavi del regno e del legare e sciogliere che Gesù gli ha affidato (Mt 16,19). Poiché è buon pastore, dà la vita per le sue pecore (Gv 10,11; 13,36), e diventa martire cristiano a Roma verso gli anni 60 come “testimone delle sofferenze di Cristo” (1Pt 5,1). Ha una speciale rilevanza l’immagine di Pietro come ricettore di rivelazione propria, sia della risurrezione (1Cor 15,5), sia della scena che la annuncia: la trasfigurazione (Mc 9,2-10), una visione che viene usata per giustificare la sua autorità petrina successiva (2Pt 1, 16-18). Si narrano ugualmente altre tre rivelazioni riservate a lui: la prima, quando viene scoperto l’inganno di Anania e Zaffira, (At 5,1-11); la seconda, che giustifica il battesimo del romano pagano Cornelio (At 10,9-16) e la terza, per essere liberato dalla prigione (At 12,7-9). Prevalentemente, Pietro si manifesta come confessore della vera fede cristiana nel testo di Mt 16,16-19 (e della sua scena vicina di Gv 6,66-69), dove prende corpo in modo germinale una rivelazione di Dio sulla identità di Gesù: è il Messia e il Figlio del Dio vivo. Alla luce degli eventi post-pastquali si rende patente per la comunità cristiana che Pietro è realmente la roccia sulla quale Gesù ha fondato la sua Chiesa, contro la quale non prevarranno le porte dell’Inferno. E nella 2Pt, Pietro appare come il custode della fede contro il falso insegnamento nella interpretazione sia delle Scritture (1,20s.) sia degli altri apostoli (3.15s). Infine, tutta questa visione non impedisce che Pietro sia visto anche come debole e peccatore. Infatti, non capisce le parole e le intenzioni di Gesù,[9] viene rimproverato da Gesù, e addirittura chiamato “Satana”,[10] ed anche criticato da Paolo (Gal 2,11ss.). Rinnega Gesù (Lc 14,66-72) ma si pente e viene riabilitato, come fa capire l’apparizione di Gesù risorto (Gv 21,15-17). Anche l’uomo di poca fede è salvato da Gesù mentre affonda (Mt 14,28-31); il pescatore indegno e peccatore riceve da Gesù poteri spirituali (Gv 5,8-10) e una volta ravveduto, diventa sorgente di forza credente per i suoi fratelli (Lc 22,32).  

CABALLERO, Eduardo. Radicamento biblico del Ministero Petrino. Pontificia Università Gregoriana. Roma, 7 maggio 2009. p. 5-7.

[1] Cf S. PIÉ-NINOT, Eclesiologia. La sacramentalità della comunità cristiana, Brescia

2008, 457s.

[2] Cf Mc 3,16; Mt 16,18; Gv 1,42.

[3] Cf 1Cor 15,5; Lc 24,34; e Mc 16,7.

[4] Cf Gal 1,18; At 3,1s.; 4,1s.; 8,14.

[5] Cf At 10; 1Cor 1,12; 1Pt 1,1.

[6] “Tutti d’accordo”: At 15,25; differenze con Giacomo: Gal 2,12; differenze con Paolo:

Gal 2,11, e la testimonianza globale di 2Pt.

[7] Cf Lc 22,32: “conferma i tuoi fratelli”.

[8] Cf Gv 21; 1Pt 5.

[9] Cf Mc 9,5s.; Gv 13,6-11; 18,10s.

[10] Cf Mc 8,33; Mt 16,23.