Cristo, segno di credibilità della rivelazione

Pe François Bandet EP

 jesuI segni sono parte della strada che l’uomo deve seguire per capire il cammino da percorrere, per comunicare con gli altri, e, soprattutto, per avere accesso alla divina rivelazione di Dio. I segni sono, per natura, misteriosi, e, spesso, sono codificati, e si rivelano sempre necessari per trasmettere un messaggio, nell’ambito di una comunicazione, sia umana che divina. Gli eventi concreti che ci offrono un punto di riferimento per accogliere la comunicazione e la manifestazione di Dio agli uomini sono i segni della divina Rivelazione.

I segni classici sono stati, da sempre, di tre tipi: i miracoli, le profezie e la Chiesa. I manuali di teologia apologetica ne evidenziavano, poi, l’aspetto esteriore. Tali segni erano usati per dimostrare la credibilità della fede e come la fede fosse anche una cosa reale e vera.

La Costituzione Dogmatica «Dei Verbum», del Concilio Vaticano II, ci consente di scoprire una nuova prospettiva del segno divino, quella interiore e personale. Con il nuovo concetto della rivelazione del Concilio, ci è data anche una nuova spiegazione del segno. Stiamo adesso parlando dei segni che si riferiscono alla Rivelazione e alla manifestazione di Dio nei riguardi degli uomini e che, pertanto, possono essere capiti soltanto da coloro che sono aperti e ne vogliono comprendere il significato: «I segni, non sono rivolti soltanto alla sfera sensibile, ma alla luce interiore del cuore» (Lc 11, 34 s.).[1]

Nel contesto dell’unicità dell’istruzione della Chiesa, la Costituzione «Dei Verbum» è stata sviluppata in continuità con la Costituzione Dogmatica «Dei Filius» del Concilio Vaticano I e con il Concilio di Trento. La «Dei Verbum» è stata fatta per spiegare meglio, per capire e per approfondire la rivelazione divina, vale a dire la manifestazione di Dio fatta agli uomini.

Nonostante le differenze e le varietà, è importante notare che tra i tre Concili, non vi è alcuna discontinuità, ma un progresso e un cambiamento nella comprensione della rivelazione.

In «Dei Verbum», il primo capitolo è probabilmente il più importante di tutta l’enciclica perché si parla di Cristo come centro della storia e della rivelazione: «Dopo aver parlato per mezzo dei profeti, Dio ha parlato per mezzo del suo Figlio» (Eb 1, 1-2). Questo figlio, continua il documento, è la sua Parola eterna; Dio lo mandò come un «uomo tra gli uomini» per dirci i segreti della vita divina in cui egli ci vuole introdurre. Il Cristo è, quindi, allo stesso tempo, il rivelatore e l’oggetto rivelato. «Chi ha visto me ha visto il Padre» (Gv 14,9) che, per tutta la sua presenza e con le sue parole, con la sua morte e la sua risurrezione gloriosa dà alla rivelazione il suo pieno compimento. Il Cristo è, dunque, sia la rivelazione del Padre sia il segno di autenticità di questa rivelazione.

 

BANDET, François.  La teologia fondamentale e la sua identità. Cristo, segno di credibilità della rivelazione dal Concilio Vaticano I al Concilio Vaticano II.Seminario minore: P. Joseph Xavier, SJ. Roma: Pontificia Università Gregoriana, 2008. p. 2-3.
 

 [1] PIÉ I NINOT S., Tratado de Teologia Fundamental, Salamanca 1996, p.184.