La Iglesia: una realidad cristocéntrica – teología de Santo Tomás

Pe. José Francisco Hernández Medina, EPtomas-de-aquino

 

Uno de los puntos doctrinales más originales de la teología de Santo Tomás está precisamente en mostrar como la Iglesia es una realidad cristológica y como toda la vida sobrenatural nos conforma a Cristo. Al igual que los teólogos de la época, S. Tomás tenía presente la importancia del tratado de «Christo capite» para la teología de la Iglesia; sólo él, sin embargo, atribuye a la humanidad del Verbo una causalidad instrumental física.

 

De sus puntos de vista, sobre la Iglesia[1], se pueden señalar los siguientes:

1- La Eucaristía como el centro y culmen porque contiene al mismo Cristo, el cual es el bien común de toda la Iglesia.

2- Debido al carácter sacramental, el cristiano participa del sacerdocio de Cristo, y lo ejercita en la vida de la Iglesia.

3- La gracia del Espíritu Santo que está acompañada de elementos visibles, es lo más importante de la Iglesia. Este es uno de los temas más importantes y originales de la teología tomista.

4- Su visión sobre las estructuras exteriores de la Iglesia, sigue la visión corporativista de la época.

5- En cuanto a las relaciones entre el orden temporal y el espiritual, no sólo distingue dos funciones diversas (como lo hacían los demás teólogos), sino que ve en ellos dos dominios claramente definidos. Pero como el fin del hombre es uno, Tomás sostiene la subordinación del “regnum al sacerdocium”[2].

En Santo Tomás tenemos, por lo tanto, una, podríamos decir, eclesiología indirecta, se encuentra en todas partes[3], por así decir y entiende la Iglesia como fruto de la acción salvífica de Cristo, fruto de la gracia «iniciada en Abel»[4]. Su originalidad está en haber percibido la primacía del aspecto de la unión con Dios respecto a los medios visibles, del aspecto de comunión sobre la estructura de la sociedad.

Tal vez el punto de mayor profundidad en la doctrina de Santo Tomás sobre la Iglesia podamos encontrarla reflejada en la expresión que designa a Cristo y a la Iglesia como constituyendo místicamente una persona[5].

 

HERNÁNDEZ MEDINA, José Francisco. La «Congregati Fidelium» en Santo Tomás de Aquino. Universidad Gregoriana. Facultad de Teología. Departamento de Teología Fundamental. 2008


[1] Cf. Pié-Ninot S., Ecclesiologia, Brescia 2008, 71.

[2] Cf. Congar Y., L’Eglise de Saint Augustin à l’époque moderne, Paris  1970 .

[3] Cf. Occhipinti G.,  Storia della Teologia 2, Roma 1996, 183.

[4] Cf. Congar Y., «Ecclesia ab Abel», in Abhandlungen über Theologie und Kirche. Festschrift für Karl Adam, Düsseldorf, 1952, 78-108.

[5] Cf. Occhipinti G.,  Storia della Teologia 2, Roma 1996, 185.

Carismi di ringiovanimento

                      José Manuel Jiménez Aleixandrejanela, EP

 

L’Annuario Pontificio nelle sue Note Storiche rappresenta “le diverse forme che la vita religiosa ha avuto nel corso della storia”[1], accennando alle novità che ogni nuova conformazione giuridica (non prevista negli ordina­menti anteriori – notiamo bene) ha portato. In alcuni casi, la novità non è rimasta circoscritta al nuovo istituto, ma si è “trasmesso alle forme religiose posteriori”[2].

In altri casi, è la traditio degli antenati che è accomodata ai “diversi bisogni dei tempi, pur non rendendola meno severa”; e qui arriviamo al punto che ci interessa.

La figura di Santa Teresa d’Avila – la grande riformatrice e ringiovanitrice – appare, nel XVI secolo, come una novità che, in realtà, è solo una vita in profondità della concretezza già esistente. La non accettazione per tutti i religiosi carmelitani, del suo modo di capire la Regola, fa nascere un nuovo Istituto (maschile e femminile) sviluppatosi per tutta la Chiesa. Notiamo inoltre che questa non accettazione degli  osservanti è soltanto una fedeltà al carisma fondazionale, nel modo fino allora conosciuto e vissuto, e che come forma vitae aveva dato grande copia di santi.

San Bernardo sarebbe un altro esempio, avendo preso la stessa regola di Benedetto (la quale fino ad oggi ha fatto sorgere tante forme diverse).

Possiamo dire che un carisma nuovo può essere in rapporto con un altro carisma; il quale, o è stato dimenticato, o può essere vissuto in diversa profondità. Da questo incontro, può sorgere sia un riadattamento delle forme giuridiche antiche, senza cambiamento sostanziale; sia delle nuove forme giuridiche.

In un certo senso la varietà di forme giuridiche nate dal carisma di Francesco di Assisi sembra indicare questa seconda strada: il carisma vissuto in una fedeltà compresa in modi diversi[3]; senza dover (ne poter) dire che una forma sia superiore all’altra. Una delle ragioni è che un carisma fondazionale non è compreso al di fuori dei seguaci[4], dunque lo studio fatto dall’esterno, in modo più o meno teorico, potrebbe facilmente portare a delle conclusione sbagliate.

Possiamo, dunque, parlare di carismi fondazionali e carismi di ringiovani­men­to. I quali, ovviamente, possono dare origine a delle forme giuridiche variegate fino al… infinito? Si, in quanto infinito è lo Spirito che ispira e dirige. Almeno teoricamente; perché tutto quello che è umano è sempre limitato, e la Storia umana ha inizio e termine.

 

JIMÉNEZ ALEIXANDRE, José Manuel. Le recenti proposte di configurazione canonica dei nuovi movimenti ecclesiali. Studium Generale Marcianum. Istituto Superiore di Scienze Religiose San Lorenzo Giustiniani. Tesina di Licenza. p. 67-69. Venezia, venerdì 23 ottobre 2009


[1] Annuario Pontificio 2007, 1943.

[2] Annuario Pontificio 2007, 1944.

[3] Un grande storico francescano, Lazaro Iriarte OFM Cap., nella Historia Francis­cana fa uno sviluppo delle difficoltà degli uomini, e delle azioni dello Spirito  lungo i secoli, nei seguaci di Francesco. Già in vita dal fondatore, sorge il “partito de los letrados” – che possiamo chiamare “degli intellettuali” – i quali approfittando un viaggio a Gerusalemme dal poverello, “dicto varios estatutos adicionales, dirigidos a comunicar a la orden un prestigio ascético” (62) diverso dal carisma fondazionale. Ritornando a Assisi “el disgusto de Francisco fue acerbo … se sintió impotente para enfrentarse con el sagaz partido … era inevitable la escisión de la orden en dos tendencias  opuestas” (63). Queste difficoltà continueranno lungo i secoli, dando origine a nuovi istituti, alcuni con incipit così rattristanti come i cappuccini, con Bernardino Ochino, prima Vicario Generale, e poi diventato pastore luterano; Matteo da Bascio e Ludovico di Fossombrone, ambedue superiori dell’ordine, e dopo espulsi a causa della loro indocilità. Questo non ha impedito che fino ad oggi ci sono stati dei grandi santi cappuccini, come S. Leopoldo Mandic o S. Pio da Pietralcina.

[4] Il cosiddetto “carisma di discepolo” è poco approfondito, ma tanto reale. Perché di tre sorelle, in una piccola cittadina senza molta comunicazione con l’esteriore, una si sposa, l’altra diventa clarissa, e l’altra ancora missionaria in Giappone? Evidente­mente hanno delle vocazioni diverse. Una ha compreso che, per lei, Chiara di Assisi sarà il suo modello, la fondatrice alla quale conformerà la sua vita, per conformarla a Cristo. É preciso ter sido chamado a viver o mesmo carisma para compreendê-lo. O discípulo, por obra do Espírito Santo, alcança um grau de afinidade com o espírito do Fundador por onde vibra em contato com qualquer manifestação dele. É o «carisma dos discípulos»”, dice Canals, e cita, tra altri, a Romano (162-163): “O dom que o Espírito confere aos que são chamados por ele a formar parte de uma comunidade religiosa. Desta maneira os discípulos alcançam uma particular afinidade com o espírito do fundador, que os faz vibrar de entusiasmo ao entrar em contato com a manifestação autêntica de seu espírito, e os leva a viver em sintonia com a forma evangélica encarnada pelo fundador.

Unidade e variedade no seio da Igreja

catedraMons. João Clá Dias

Na Santa Igreja Católica, o mistério do Verbo Encarnado reflete-se à maneira de um espelho. Com efeito, é em Cristo Jesus, Deus e Homem verdadeiro, que as duas naturezas — divina e humana — unem-se hipostaticamente numa só Pessoa Divina; analogamente, a Igreja é formada por dois elementos: o carismático e o humano, o social e o visível.

Algo semelhante se verifica ao considerarmos a Esposa de Cristo em sua unidade e diversidade, bem como em sua insuperável catolicidade. Ela é una por sua fonte divina, por seu Fundador e por sua “alma”, que é o Espírito Santo. Faz parte de sua própria essência ser una (CIC, n. 813; 814). Não obstante, no decorrer de sua longa história, ela se apresenta com uma “grande diversidade”, notória tanto na “variedade dos dons de Deus” quanto na “multiplicidade das pessoas que os recebem” (CIC, n. 814).

São Paulo se refere a essa característica — a unidade na variedade — ressaltando que nela há “diversidade de dons, mas um só Espírito” (1 Cor 12, 4). Ante a abundância das manifestações carismáticas entre os fiéis, o Apóstolo orienta os discípulos a não perder de vista a unidade da Igreja, o “Corpo de Cristo” (1 Cor 12, 27). Todos os carismas — sabedoria, palavra de ciência, discernimento dos espíritos, e tantos outros (cf. 1 Cor 12, 8-10) — procedem de uma só fonte: é Deus mesmo quem “opera tudo em todos” (1 Cor 12, 6). E a Lumen Gentium, sintetizando três passagens das cartas paulinas, menciona a ação do Espírito Santo para unificar a Igreja “na comunhão e no ministério” e acrescenta que Ele a “enriquece, guia com diversos dons hierárquicos e carismáticos, e embeleza com os seus frutos” (n. 4).

CLÁ DIAS, João. Os novos movimentos: Quando espírito e jurisprudência se encontram. in: LUMEN VERITATIS. São Paulo: Associação Colégio Arautos do Evangelho. n. 6, jan-mar 2008. p. 10.

Origen y concepto de la expresión «economía de la salvación»

Pe. José Francisco Hernández Medina, EPjesus2

La expresión economía de la salvación, de alto contenido y repercusión teológica a lo largo de la Historia de la Salvación, tiene, como comentaba más arriba, un origen paulino.

Según nos describen los diversos diccionarios teológicos y patrísticos existentes, el término «economía» – que significa etimológicamente administración sobre todo doméstica, o gobierno – indica en el Nuevo Testamento el plan o el ordenamiento de la salvación, la disposición salvífica que Dios tiene en su Providencia[1].

La palabra se aproxima al uso técnico habitual en el siglo II para indicar «Historia de la Salvación» (Cf. Ignacio de Antioquia, Eusebio di Cesarea…)[2].

Economía, para un griego (que la denominaba oikonomia) significaba en primer lugar la administración de la casa y, después, por extensión, también podía significar «cuidado», «disposición», «proveimiento». Aplicándolo a la salvación, es la disposición salvífica de Dios, el plan establecido por Dios para llevar a todos los hombres a la salvación al final de los tiempos, rescatándolos de la esclavitud del pecado. Esta economía responde, según nos atestigua San Pablo, a un misterio escondido en Dios antes de todos los tiempos (Ro 16,25-26; 1 Co 2,7-10)[3].

Su origen es, pues, neotestamentario; y su punto de partida principal está en la Carta de S. Pablo a los Efesios: es el plan de salvación – el «benévolo designio que en él se propuso de antemano» – que Dios ha establecido según su beneplácito, «llevando la historia a su plenitud»: para realizarlo en la plenitud de los tiempos: hacer que todo tenga a Cristo por Cabeza, lo que está en los cielos y lo que está en la tierra. Ef 1,10[4].

La Carta a los Efesios comienza con una alabanza a Dios (Ef 1,3-14) en la cual el Apóstol, aun sin hablar de una economía trinitaria explícitamente, la deja insinuada, pero marcando, a su vez, que el centro de toda bendición de Dios es Cristo, pues todo ha sucedido y realizado en Él y que a partir de él lleva la historia a su plenitud[5].

A su vez, en la Carta a los Colosenses, así como en la de primera a Timoteo, San Pablo insiste, en diversas formas, sobre este concepto[6].

En Ef 3, 9 Pablo vuelve al tema hablando de este cumplimiento del misterio de la salvación como de algo que ve la luz tras haber permanecido por siglos oculto en Dios, haciéndonos a todos partícipes de su divina economía de salvación[7].

Esta economía responde, según San Pablo, a un misterio escondido en Dios antes de todos los tiempos (Ro 16,25-26; 1 Co 2,7-10) La realización de este plan comenzó con la Encarnación del Verbo en el seno de María Santísima.

A su vez, una noción, también bíblica, afín a la noción de «economía salvífica», es la de «misterio»[8].

Como tantos puntos de base en el desarrollo teológico es, una vez más, en San Pablo donde encontramos el inicio de una doctrina que dará luz a un aspecto hermosísimo de la revelación divina.

Será de estos trechos paulinos sobre los que los Padres de la Iglesia se basarán para explicitar por primera vez la doctrina sobre la Economía de la Salvación[9].

Esta afirmación es, en el fondo, una profesión de fe que explica el modo en que Dios llevó a cabo la redención del género humano. Es, nada más y nada menos, que la entrada en la historia de la segunda persona de la Trinidad; o sea la redención.

HERNÁNDEZ MEDINA, José Francisco. La «Economía de la Salvación»: su uso en los origines de la Iglesia, en los Padres y en el último siglo. Universidad Gregoriana – Facultad De Teología: Departamento de Teología Fundamental. 2009.


 [1] Cf O. Brose – A. Henry – P. Rouillard, «Economia», Nuovo Dizionario del Cristianesimo, Brescia 1971, 179.

[2] Cf S. Pié-Ninot,  La Teologia …, 267.

[3] Cf N. Rivera Carrera, «La Economía de la Salvación» Excelsior (2007).

[4] Cf M. Semeraro, «Economia Salvifica», Lexicon Dizionario Teologico Enciclopedico, Casale Montferrato 2004, 220-221.

[5] Cf H. Schlier, La lettera agli Efesini, Brescia 1973, 92.

[6] «Porque seguramente habréis oído hablar de la gracia de Dios, que me ha sido dispensada en beneficio vuestro»  Ef 3,2. «…y de hacer brillar a los ojos de todos la dispensación del misterio que estaba oculto desde siempre en Dios, el creador de todas las cosas» Ef  3,9. «En efecto, yo fui constituido ministro de la Iglesia, porque de acuerdo con el plan divino, he sido encargado de llevar a su plenitud entre vosotros la Palabra de Dios» Co 1,25.

«…y prestara atención a mitos y genealogías interminables. Estas cosas no hacen más que provocar discusiones inútiles, en lugar de servir al designio de Dios fundado sobre la fe» 1 Tim 1,4.

[7] Cf H. Schlier, La lettera agli Efesini, Brescia 1973, 45.

[8] Cf M. Semeraro, «Economia Salvífica», Diccionario…,  289-290.

 [9] Cf M. Semeraro, «Economia Salvifica», Lexicon…, 220-221.

L’accesso alla “Memoria Iesu”

capaPe. Eduardo Caballero, EP[1]

 

Il concilio Vaticano II era preoccupato per il tema della storicità dei Vangeli. C’era una discussione su questo argomento prima del concilio. Paolo VI chiese alla Pontificia Commissione Biblica di fare un documento in merito, che poi servì come base per la redazione del paragrafo 19 della Dei Verbum. Questo testo sottolinea il carattere storico dei Vangeli. Ma solo una volta appare la parola storicità nel documento, dovuto alla polemica esistente all’epoca. Cosa vuol dire esattamente il termine storicità? In un senso colloquiale, storicità è un concetto identico a verità. Ma c’è una differenza fra evento e storia. Cosa vuol dire che un fatto è storico? Il reale è più ampio della storia. Ci sono tante cose reali che la storia non registra: ad esempio i pensieri. Storico vuol dire costatabile positivisticamente?

DV 19 spiega il concetto di storicità in base a tre punti:

• «I quattro suindicati Vangeli, di cui afferma senza esitazione la storicità, trasmettono fedelmente quanto Gesù Figlio di Dio, durante la sua vita tra gli uomini, effettivamente operò e insegnò per la loro eterna salvezza, fino al giorno in cui fu assunto in cielo».[2]

• «Gli apostoli poi, dopo l’Ascensione del Signore, trasmisero ai loro ascoltatori ciò che egli aveva detto e fatto, con quella più completa intelligenza delle cose – ecco la novità! – di cui essi, ammaestrati dagli eventi gloriosi di Cristo e illuminati dallo Spirito di verità, godevano».[3] Cioè, la plenior intelligentia arriva dopo, con la Pasqua.

• «Gli autori sacri scrissero i quattro Vangeli, scegliendo alcune cose tra le molte che erano tramandate a voce o già per iscritto, redigendo un riassunto di altre, o spiegandole con riguardo alla situazione delle Chiese, conservando infine il carattere di predicazione, sempre però in modo tale da riferire su Gesù cose vere e sincere […] Essi infatti […] scrissero con l’intenzione di farci conoscere la “verità” (cfr. Lc 1,2-4) degli insegnamenti che abbiamo ricevuto».[4] Gli evangelisti hanno fatto un’adattamento con scopo kêrygmatico, non un libro di testo ma un libro da essere proclamato.

È, quindi, importantissimo il testo di DV 19 perché esso spiega la valenza storica del Vangelo. Ma spiega anche in quale modo deve essere interpretata quella storicità. Più che leggere il Vangelo – si deve leggere pure – bisogna ascoltarlo, perché non è semplicemente un libro storico. Nei Vangeli non si trova un resoconto sulla vita di Gesù, ma quello che è la verità per la nostra salvezza.

Si arriverà così non tanto alla ipssima vox Iesu e ai vera facta Iesu ma ad individuare la ipsissima intentio Iesu! È anche molto importante in questo senso il testo di DV 11:

«Le verità divinamente rivelate, che sono contenute ed espresse nei libri della sacra Scrittura, furono scritte per ispirazione dello Spirito Santo. La santa madre Chiesa, per fede apostolica, ritiene sacri e canonici tutti interi i libri sia del Vecchio che del Nuovo Testamento, con tutte le loro parti, perché scritti per ispirazione dello Spirito Santo (cfr. Gv 20,31; 2 Tm 3,16); hanno Dio per autore e come tali sono stati consegnati alla Chiesa. Per la composizione dei libri sacri, Dio scelse e si servì di uomini nel possesso delle loro facoltà e capacità, affinché, agendo egli in essi e per loro mezzo, scrivessero come veri autori, tutte e soltanto quelle cose che egli voleva fossero scritte. Poiché dunque tutto ciò che gli autori ispirati o agiografi asseriscono è da ritenersi asserito dallo Spirito Santo, bisogna ritenere, per conseguenza, che i libri della Scrittura insegnano con certezza, fedelmente e senza errore la verità che Dio, per la nostra salvezza, volle fosse consegnata nelle sacre Scritture. Pertanto “ogni Scrittura divinamente ispirata è anche utile per insegnare, per convincere, per correggere, per educare alla giustizia, affinché l’uomo di Dio sia perfetto, addestrato ad ogni opera buona” (2Tm 3, 16-17)».[5]

Il concilio Vaticano I parlava di ispirazione in senso negativo: l’ispirazione vuol dire che non ci sono errori. Il concilio Vaticano II invece è il primo concilio che parla di ispirazione in senso positivo: non si tratta soltanto di una parola su Dio ma della parola di Dio. La tradizione cattolica non è, dunque, fondamentalista, non è letteralista nell’interpretazione della Scrittura. Il rischio di relativismo che questo comporta viene controbilanciato dalla custodia che la Chiesa fa della interpretazione autentica della Scrittura.

 

CABALLERO, Eduardo. La credibilità della rivelazione cristiana: Elaborato sulla Tesi nº 6 – L’accesso alla “Memoria Iesu” (Rev. D. Salvador Pié-Ninot). Roma: Pontificia Università Gregoriana, 2008.

 

[1] Per la confezione di questo elaborato è stato usato come testo di base il libro: S. PIÉ-NINOT, La teologia fondamentale, Brescia 2007.

[2] Dei Verbum 19.

[3] Ibid.

[4] Ibid.

[5] Ibid. 11


A Igreja, presença de Cristo na Terra

montrealEnsina-nos o Catecismo da Igreja Católica (788) sobre Nosso Senhor Jesus Cristo que “quando a sua presença visível lhes foi tirada, Jesus não deixou órfãos os discípulos. Prometeu-lhes ficar com eles até ao fim dos tempos, e enviou-lhes o seu Espírito”.

 

Essa permanência de Cristo sobre a Terra verifica-se de modo maravilhoso na sua Igreja.

 

A Igreja é, nos planos de Deus, o centro da História. É a Esposa Mística de Cristo, que Ele ama com amor único e perfeito, e à qual quis sujeitar todas as criaturas. Claro está que o Esposo nunca abandona a Esposa, e que é sumamente cioso da glória d’Ela. Assim, na medida em que seu elemento humano se conserva fiel a Nosso Senhor Jesus Cristo, a Igreja nada deve temer. Até as maiores perseguições servirão à sua glória (CORRÊA DE OLIVEIRA, 2002b)

Assim, como dizíamos pouco acima, não se deve recear de identificar a esta instituição com a própria pessoa de Cristo. Pois, “em nome de Cristo, a Igreja exerce entre os povos o duplo poder do sacerdócio e da realeza. […] Sua missão espiritual confunde-se com o fim da Encarnação redentora” (PHILIPPON, 1959: 231-234). “Seu objetivo consiste em exercer seu poder espiritual direto e seu poder temporal indireto, para a salvação das almas” (CORRÊA DE OLIVEIRA, 2002a: 45), E continua o mesmo autor definindo-a como “Mestra infalível da verdade, tutora da Lei Natural e, assim, fundamento último da própria ordem temporal (CORRÊA DE OLIVEIRA, 2002a: 144). E, a esse propósito, continua o Catecismo (788-789):

“A comunhão [da Igreja] com Jesus tornou-se, de certo modo, mais intensa: ‘Comunicando o seu Espírito aos seus irmãos, por Ele reunidos de todas as nações, constituiu-os seu Corpo Místico’ (Lumen Gentium, 7). A comparação da Igreja com um corpo lança uma luz particular sobre a ligação íntima existente entre a Igreja e Cristo. Ela não está somente reunida à volta d’Ele: está unificada n’Ele, no seu Corpo. Na Igreja, Corpo de Cristo, são de salientar mais especificamente três aspectos: a unidade de todos os membros entre si, pela união a Cristo; Cristo, Cabeça do Corpo; a Igreja, Esposa de Cristo”.

 MONTOJO MAGRO, Ignacio et all. O fundamento teológico da eficácia dos sacramentais. Centro Universitário Ítalo Brasileiro – Curso de Teologia. São Paulo, 2009. p.33

Bibliografia

CATECISMO da Igreja Católica. 11. ed. São Paulo: Loyola, 2001.

CORRÊA DE OLIVEIRA. Revolução e Contra-Revolução. São Paulo: Retornarei, 2002.
 ______. Princípio e fundamento. Dr. Plinio. São Paulo: Retornarei, n. 52:  4, jul. 2002.
PHILIPON, M. M. Os sacramentos na vida cristã. Rio de Janeiro: Agir, 1959. 

 

Relação da Igreja com a sociedade temporal

igrejaMons. João Scognamiglio Clá Dias

Afirmar que Cristo é o centro da História equivale a dizer que a Igreja, Seu Corpo Místico, igualmente o é. O desenrolar histórico está, pois, condicionado à aceitação ou rejeição da Igreja pela sociedade, uma vez que a verdadeira ordem, conforme à Lei Natural, só é mantida estavelmente quando os homens correspondem à graça divina (LG, 17). Sem o auxílio desta, as civilizações decaem vertiginosamente, atingindo as piores aberrações morais. E não é preciso esquadrinhar os documentos já envoltos na poeira do tempo para comprovar tal realidade. Basta-nos constatar a situação moral do mundo hodierno.

A título ilustrativo, mencionemos um fenômeno social nunca antes verificado na História da humanidade: o enfraquecimento da instituição da família, monogâmica e indissolúvel, e a generalização das uniões livres. Que conseqüências terá para a civilização esta mudança tão profunda na base da sociedade?

Os Papas, ao alertarem os cristãos para os graves riscos dessa crise moral, não deixaram de relembrar, ao mesmo tempo, que o verdadeiro sustentáculo da civilização é a Igreja:

A prosperidade dos povos e das nações vem de Deus e de Suas bênçãos. (…) É a religião que produz concórdia e afeição entre marido e esposa, amor e reverência entre os pais e seus filhos; que faz os pobres respeitarem as propriedades dos outros, e faz com que os ricos façam um uso justo de sua riqueza. Desta fidelidade ao dever, e deste respeito pelos direitos dos outros vem a ordem, a tranqüilidade, e a paz, que formam uma parte tão importante da prosperidade de um povo e de um Estado. (Leão XIII, Dall’Alto Dell’Apostolico Seggio, n. 12).

Muitas outras citações do Magistério da Igreja se poderiam aqui mencionar, confirmando esta verdade, como esta de São Pio X:

 [A civilização] é tanto mais verdadeira, mais durável, mais fecunda em frutos preciosos, quanto mais puramente cristã; tanto mais decadente, para grande desgraça da sociedade, quanto mais se subtrai à idéia cristã. Por isto, pela força intrínseca das coisas, a Igreja torna-se também de fato a guardiã e protetora da Civilização Cristã. (São Pio X, Il Fermo Propósito, de 11/6/1905, Bonne Presse, Paris, vol. II, p. 92)

Já no meio-dia do século XX, o Concílio Vaticano II uma vez mais insistia na necessidade de que o mundo hodierno endireitasse suas vias se quisesse colher os frutos de um verdadeiro progresso cultural. Pois, este, furtando-se à solicitude retificadora da Igreja, acabaria desviando-se de sua própria finalidade que é a elevação do espírito humano:

A boa nova de Cristo renova continuamente a vida e a cultura do homem decaído e combate e elimina os erros e males nascidos da permanente sedução e ameaça do pecado. Purifica sem cessar e eleva os costumes dos povos. Fecunda como que por dentro, com os tesouros do alto, as qualidades de espírito e os dotes de todos os povos e tempos; fortifica-os, aperfeiçoa-os e restaura-os em Cristo. Deste modo, a Igreja, realizando a própria missão, já com isso estimula e ajuda a cultura humana, e com a sua atividade, incluindo a liturgia, educa o homem à liberdade interior (GS, 58).

 

DIAS, João Scognamiglio Clá. Considerações sobre a gênese e o desenvolvimento do movimento dos Arautos do Evangelho e seu enquadramento jurídico, 2008. Tese de Mestrado em Direito Canônico — Pontifício Instituto de Direito Canônico do Rio de Janeiro, Rio de Janeiro, 2008. p. 15-16.

La Iglesia es misionera por constitución divina

missao

 

José Manuel Jiménez Aleixandre, EP

 
Hasta finales del siglo XIX se consideraba dos tipos de territorios, en el orbe universo.
De un lado los “territorios de cristiandad” donde la Iglesia estaba establecida, con diócesis y todos los organismos de gobierno. En estos territorios la mayoría de la población estaba constituida por católicos ‑ más o menos practicantes ‑, y esto hacía que el surgimiento de vocaciones para el sacerdocio y para la vida consagrada era suficiente para atender a todos los fieles e incluso para que algunos saliesen a llevar a otros pueblos la buena noticia del Evangelio, de la Verdad, de la Iglesia, de modo que todos pudiesen “abrazarla y seguirla”.

Por otra parte estaban los “tierras de misión”, donde la mayoría de la población no era católica, no existía jerarquía establecida, o esta era constituida por clérigos venidos de otros países. La ausencia total o el pequeño número de vocaciones locales hacía que, para la conversión y evangelización de esos pueblos fuese necesario enviar misioneros¸ Evangelii praecones, sacerdotes, religiosos y religiosas, e incluso algunos laicos, que dedicaban sus vidas, o al menos parte de ellas, a la propagación del reino de Cristo, a la salus animarum de aquellos que in tenebris et in umbra mortis sedent, a fin de inluminare… ad dirigendos pedes in viam pacis”[1], como cantó Zacarías a respecto de aquel gran heraldo del Evangelio que fue San Juan Bautista: misionero y mártir.

El Concilio juzgo un deber llamar la atención de los católicos al hecho de que todos somos misioneros. Por vocación divina recibida en el bautismo. La Iglesia es, toda Ella, misionera. Y la misión ad gentes hace parte de su constitución divina: Euntes in mundum universum…”[2].

Con agudeza analiza el P. Julio García Martin CFM[3]:

Il concilio ecumenico Vaticano II ha affermato chiaramente e proclamato solennemente che la Chiesa per sua natura è missionaria[4]. Il Codice di diritto canonico ha recepito questa dottrina determinando che il popolo di Dio è la Chiesa cui Dio ha affidato una missione da compiere nel mondo[5]… La legislazione ecclesiastica nel corso dei secoli è stata riformata per rispondere fedelmente alla sua missione. Pertanto la novità della legislazione attuale riguarda sia la natura della Chiesa come popoli di Dio sia la sua missione.

[1] Cf. Lc 1, 79.

[2] Mc 16, 15.

[3] “L’Azione missionaria nel Codex Iuris canonici”, Ediurcla, Roma, 2005, 2º ed., p. 47.

[4] Nota del texto original: Conc. Ecum. Vaticano II, cost. Dogm. Lumen gentium, 17; decr. Ad gentes, 2, 35. La suddetta espressione tottavia non èmolto frequente, cfr. Ochoa, X., Index verborum cum documentis concilii Vaticani II, Romae 1966.

[5] Nota del texto original: Can 204, § 1. Il can. 781 riprende gli stessi principi.


LA MISIÓN DE SANTIFICAR DE LA IGLESIA CATÓLICA

“La Palabra se hizo carne y habitó entre nosotros.”[1]menino-jesus

 

            El Hijo de Dios, la segunda persona de la Santísima Trinidad se encarnó en el seno virginal de María, se dignó asumir la naturaleza humana padeciente, menos el pecado, para que el hombre y la mujer, heridos por la culpa original, fueran elevados a Su divinidad y reconciliados con el Padre. Para ello se ofreció en sacrificio propiciatorio y perfecto, y como único mediador y sacerdote padeció y murió en la Cruz,  y resucitó triunfando definitivamente sobre la muerte y el pecado.

            Pero no se agotó así el amor de Dios, ni podía agotarse, dado su carácter infinito. El Divino Redentor vino al mundo para salvarnos, pues quiere que todos los hombres se salven y lleguen al conocimiento de la verdad, como nos enseña San Pablo[2], y antes de subir al Cielo fundó la Iglesia Católica, como sociedad visible, sobre la base de Pedro y del Colegio Apostólico, y en sus sucesores la hizo inmortal, para perpetuarse  a través de los tiempos y hasta el fin del mundo.

Jesús confió a la Iglesia una triple misión, triplicis muneris ipsi  Ecclesia demandati,  de gobernar, santificar y enseñar, que corresponden al triplicis muneris del propio Cristo, en cuanto rey, sacerdote y profeta. Y la dotó de los medios necesarios para la salvación y alcanzar el Reino. Y es así que puede afirmar el Código de Derecho Canónico “salute animarum quae in Ecclesia suprema lex esse debet”.[3]

Decía el Cardenal Herranz (2002):

 

Infatti, l’ecclesiologia del Vaticano II presenta la missione salvifica di Cristo legata alla sua triplice condizione di maestro, sacerdote e re, e fa apparire la struttura della Chiesa — l’ordinamento canonico — come una partecipazione sacramentale a questo triplice munus. Perciò, la «parola» di salvezza che la Chiesa custodisce e proclama, il «culto» che essa rende pubblicamente a Dio e la «exousía» o «potestà sacra» con cui la Chiesa è governata, sono tre funzioni che non si possono distinguere adeguatamente tra di loro, perché formano un’organica unità, radicata nell’unità della persona e della missione di Cristo.[4]

 

            El Concilio, a su vez, ha enriquecido la eclesiología, definiendo la Iglesia también como “comunión”, sacramento y Pueblo de Dios. La iglesia en cuanto comunión la podemos considerar como la reunión de todos los fieles cristianos que se incorporan a Cristo mediante el bautismo y se integran en el pueblo de Dios (Can. 204), encontrándose en plena comunión, en esta tierra, los bautizados que se unen por los vínculos de la profesión de fe, de los sacramento y del régimen eclesiástico (Can. 205). En esta concepción la esencial misión de santificar de la Iglesia queda realzada de una manera muy especial.

 

Pe. Jorge Maria Storni

STORNI, Jorge. La misión de santificar de la Iglesia Católica y el sacramento de la reconciliación.  Mestrado em Direito Canônico — Pontifício Instituto de Direito Canônico do Rio de Janeiro, 2009.

 


[1] Jo. 1, 14

[2] Cf. 1Tim 2, 4; Tt 1, 1-3

[3] Can. 1752

[4] Herranz. Il Dirito Canonico, Perché? Lezione all’Università Cattolica di Milano. 29 aprile 2002